mercoledì 23 aprile 2014

04_La scacchiera: da "Città delle stratificazioni e della storia" al Municipio di Fiumicino di Alessandro Anselmi

CITTA’ DELLE STRATIFICAZIONI E DELLA STORIA
Gli anni Ottanta si prefigurano come i primi anni di reale riscontro e accettazione del limite fisico (/fisiologico) dell’espansione della città: un’attenzione non nuova ma tutta diversa si manifesta nei confronti del palinsesto, delle preesistenze, della loro configurazione e della possibilità (che si fa necessità) di ricucire le maglie della loro rete nei punti che l’espansione non è arrivata a tessere.

In quest’ottica di stratificazione e ricucitura l’esperienza di Roma appare paradigmatica, e raggiunge il suo apice nella mostra “Roma interrotta” del 1978, alla quale partecipano 12 architetti incaricati di reinterpretare diversi settori della pianta della città del Nolli (1748).

Giovan Battista Nolli, 1784

Tra le varie interpretazioni dell’esercizio proposto nella preparazione della mostra, particolarmente interessante sarà quella proposta da Paolo Portoghesi, che analizza la morfologia della città come espressione del paesaggio tufaceo che caratterizza l’area di Roma e l’intero territorio a cui appartiene: legando, così, indissolubilmente architettura e paesaggio, se da un lato definisce la radice alla base del costruito, dall’altro pone il contesto come futuro punto di riferimento per le nuove costruzioni, nonché chiave di volta per il corretto inserimento di queste nel palinsesto.

Paolo Portoghesi, "Roma Interrotta" 1978

La ricerca della radice alla base della trasformazione della città si sposta con Anselmi e Purini su territori diversi, posando le proprie fondamenta sulla concezione di una sorta di archeologia urbana basata sulle stratificazioni e sulla “memoria” dei luoghi.
Il primo, romano, proveniente dall’esperienza del gruppo GRAU, impronta le proprie architetture alla creazione di “scene urbane” che completino, richiamino ed evidenzino il contesto in cui sono inserite: ne sono esempi il progetto per le Case parcheggio al Testaccio di Roma, in cui il percorso-scala inserito all’interno dei due edifici in linea che ospitano le abitazioni richiama il percorso che scava e ascende il vicino Monte Testaccio, e il Municipio di Rezé-le-Nantes, in cui lo spazio dell’edificio e della piazza (pieno e vuoto) prendono forma in funzione della presenza di un’Unitè d’Habitation presente al di là del lotto.

Alessandro Anselmi, Municipio di Rezé-le-Nantes 1986-90

Sullo stesso sentiero si avventura Franco Purini, che sposta però la sua ricerca dall’ambito urbano a quello regionale: riferendosi all’archeologia dei luoghi come stratificazione delle “tendenze” del costruire accumulate, l’architetto riscontra caratteri tipici relativi non alla forma quanto alla genesi della forma. Troveremo così che al Nord prevale la tendenza a disegnare lo spazio in funzione della pianta, al centro della sezione e al Sud in base al prospetto.

Sulla base di queste riflessioni, sorte contemporaneamente anche in altre città d’Europa (soprattutto Berlino, anch’essa caratterizzata da un’urbanistica carica di significati accumulati, con l‘Internationale Bauausstellung Berlin) si fa centrale il tema della creazione dei nuovi sistemi insediativi sulla falsa riga del tessuto preesistente: in Italia, risposte a questa istanza verranno ricercate a Venezia nel lavoro di Gino Valle alla Giudecca, Gregotti a Cannaregio e, soprattutto, Giancarlo De Carlo nell’isola di Mazzorbo (con i suoi edifici per abitazione ispirati all’edilizia tradizionale di Burano) e a Napoli, in occasione della ricostruzione post-terremoto.


 L'ARCHITETTURA DI ALESSANDRO ANSELMI 

"..non oggetti - con un interno e un esterno - ma come un ponte tra un fuori e un dentro." 

Il ponte di Martin Heidegger: "Esso non solo collega due rive del fiume. Esso non solo collega due rive già esistenti. Il collegamento stabilito dal ponte – anzitutto – fa si che le due rive appaiano come rive. [...] 
Il ponte riunisce la terra come regione intorno al fiume." 

Negli anni ’60, dopo il conseguimento della laurea presso la Facoltà di Architettura dell’Università della Sapienza di Roma, Anselmi fonda il Gruppo Romano Architetti Urbanisti (GRAU), insieme al quale condividerà il tentativo di sovversione dei dogmi del Modernismo; debitori agli insegnamenti di Louis Kahn, legati ad una “logica formale chiusa” e fautori di un’”astrazione determinata” dal contesto, gli architetti del gruppo saranno propulsori di un’architettura che ricerca se stessa nella geometria e nelle forme più o meno pure. Particolarmente esemplificativi della sua concezione architettonica di questo periodo sono i progetti per il Palazzo dello Sport di Firenze (1964), per l’Archivio di Stato (1972), nel quale tre elementi semicilindrici raccordati dall’arco disegnano uno spazio che evoca una croce, e per il Mercato dei Fiori di Sanremo. È, poi, evidentissimo il riferimento a Kahn nel cimitero di Parabita in Puglia, con la sua planimetria in forma di capitello ionico (1967).

Cimitero di Parabita, 1967

A partire dagli anni ’80 i suoi lavori vedranno la centralità della forma  miscelarsi con una rinnovata attenzione al contesto, dando luogo ad una nuova geometria interpretativa: saranno la storia, la memoria accumulata ed i diversi stimoli del luogo a caratterizzare i suoi lavori successivi (i già visti progetti per le Case parcheggio al Testaccio e il municipio di Rezé-le-Nantes, il progetto per la Facoltà di Giurisprudenza di Reggio Calabria del 1989).

Residenze speciali sull'area degli ex frigoriferi del mattatoio al Testaccio, 1984

In seguito, i temi principali dell’architettura di Anselmi saranno riassumibili in sette punti principali.
Il primo tema è quello della scala come dispositivo spaziale frutto di un’operazione di sottrazione rispetto alla forma, come strumento generatore della prospettiva e di modellazione della “scena” urbana: il riferimento è quello del Padiglione URSS di Konstantin Melnikov, e verrà applicato tanto nelle case al Testaccio quanto nel progetto del teatro della Casa della Cultura di Chambery-le-Haut (1982).

Padiglione URSS di Konstantin Melnikov,                     Teatro della Casa della Cultura di Chambery-le-Haut, 1982                 Esposizione Universale di Parigi 1925
Altrettanto legato alla visione dell’architettura come scenografia della città e alla prospettiva come strumento di indagine dello spazio è il tema della natura morta: gli edifici, poggiati su un piano, sono disposti ed illuminati in modo da ottenere un preciso effetto d’insieme. Discendono direttamente da questo il tema della mano (edificio come “centro proiettivo di più assialità”) e dell’edificio come corpo (definito nei propri confini ma in dialettica tra il “raccogliersi attorno al proprio asse e aprirsi prospetticamente verso l’esterno”).
Il quinto tema riguarda la convergenza tra natura e costruito: l’edificio diventa una montagna sacra su cui è possibile salire (tema già presente in Wright, Le Corbusier e Scharoun) e da Anselmi è concretizzato in particolar modo nel Municipio di Fiumicino (1996-97).
Lo stesso edificio è paradigmatico anche per un’altra caratteristica tipica dell’architettura di Anselmi: quella della superficie avvolgente, della materia che promette e avvera la continuità tra le proprie parti.
Questa superficie è, però, in grado di trasformarsi e diventare una tenda in grado di progettare i pieni quanto i vuoti: è questo l’esempio dei progetti della nuova metropolitana di Sotteville-les-Rouen (1997) e della Chiesa di San Pio da Pietrelcina a Fiumicino (2010).



IL MUNICIPIO DI FIUMICINO

"Il suolo, attraverso la sua geometrizzazione, trapassa nella sfera dell’architettura”.

Posto sulla strada di collegamento tra l’aeroporto “Leonardo Da Vinci” ed il porto fluviale, il Municipio di Fiumicino progettato da Anselmi è inserito in un contesto urbano frammentato, in larga parte sorto abusivamente; dall’inizio degli anni ’90 l’amministrazione comunale ha dato l’avvio ad un processo di risanamento dell’area (prossima ai resti archeologici del porto imperiale di Claudio e al Lago di Traiano) che ha coinvolto anche la costruzione del palazzo comunale.



I volumi che ospitano gli uffici municipali, con struttura in calcestruzzo, sono sovrastati e successivamente avvolti da una copertura continua che, scendendo verso la via Portuense, si fa facciata, gradinata e quindi piazza inclinata. La sagomatura della superficie, che richiama le banchine del Tevere al di là della strada, modella la costruzione come un nuovo paesaggio artificiale e conferisce carattere ed unità allo spazio: rappresentando contemporaneamente il piano d’appoggio della vita pubblica e la copertura dei volumi chiusi, la superficie incarna e rende evanescente il confine tra interno ed esterno.

L’attraversamento dei diversi livelli della piazza si fa esperienza dello spazio: dallo spazio libero inclinato si scende, a mezzo di una gradinata, all’atrio posto ad altezza strada il cui accesso principale è posto sul piazzale retrostante: da qui si ha accesso agli ambienti principali dell’edificio. Salendo, invece, le scale inserite nella particolare gradonata a ventaglio, la superficie inclinata si fa terrazza, dando accesso al livello superiore del volume settentrionale e fornendo luce, tramite due pozzi quadrati, allo spazio d’ingresso sottostante.


La parte inclinata della piazza è, contemporaneamente, copertura per il parcheggio sotterramentre la gradonata si fa soffitto della Sala consiliare accessibile dall’atrio: da qui, all’interno del corpo settentrionale, si raggiungono anche gli uffici per il pubblico e, all’ultimo piano, la sala per i matrimoni, la caffetteria e uno spazio espositivo. Il corpo orientale è, invece, interamente adibito ad uffici. 



La contrapposizione tra i corpi edificati e l’essenza zoomorfica e surrealista della copertura è sottolineata da una marcata differenza di materiale: se i volumi presentano un moderno curtain wall in pannelli di vetro e alluminio, l’articolata superficie esterna è realizzata in laterizi posati di piatto con cordoli e listelli in granito, riferimento al carattere romano delle preesistenze circostanti. 


IL BANG!

Da volumi puri disposti nello spazio...




...all'inserimento di una superficie continua, in grado di raccordare i pieni e dare un significato ai vuoti.


Il BANG è: scala + montagna sacra + superficie continua.

Introduzione delle variazioni in base a:
- disposizione dei volumi;
- scelta dei vuoti;
- andamento della superficie continua.